Saggi > Saggi di Giovanni Giacobbe dell'anno 2013

Articolo Cinofili Stanchi

Da una intervista concessa alla rivista on line "Cinofili Stanchi" nell'anno 2013

Puoi raccontarci la tua storia cinofila? Hai qualche aneddoto simpatico in merito?

Innanzi tutto grazie dell’invito.. Porgo i miei saluti a tutti i cinofili, stanchi.. o ancora infervorati che siano..  La mia storia cinofila è una storia di amore che affonda le sue radici nella mia famiglia. Ma non  perché sia mia madre che mio padre erano amanti dei cani, ma perché (come molti cinofili sono certo sapranno riconoscere guardandosi dentro..  n.d.a.)  da piccolissimo ho istintualmente cercato  di colmare quei vuoti dell’affettività che l’essere figlio di una famiglia “impropria” ha generato in me.  Le privazioni affettive sono terre dai meandri talvolta inesplorabili anche dal più attento osservatore dei fenomeni psichici, ma nel mio caso non ci voleva molto a leggere la causa del disagio: ero figlio unico di madre nubile infatti.., con un Mamma innamoratissima del proprio figlio, unica Sua ragione di vita, ma tenuta ad andare a lavoro mattina e pomeriggio proprio per farmi crescere al meglio delle proprie possibilità, con l’orgoglio e la forza che  soltanto una mamma credo possa avere. Mio padre con il quale ho ritrovato il rapporto poco meno di cinque anni fa.. era un ex accademista dell’aeronautica, Repubblichino convinto ( è del  1923) che già nella mia primissima infanzia mi spronava a crescere in fretta per diventare uomo. Mi diceva sempre “un soldato non piange!”; avevo .. tre o quattro anni. Quale essere vivente più di un cane poteva concedermi un amore rassicurante forse perché controllabile..? Una corrispondenza biunivoca di affetto reciproco incondizionato? E’, questo , uno scambio di amore  da poter gestire con la serenità che solo un animale come il cane, slegato da ogni logica umana, ma, paradossalmente, indissolubilmente  legato all’uomo nella sua essenza più profonda, può donarci  . Il mistero è che certo io a tre anni non potevo saperlo, non razionalmente almeno, ma mia Madre mi raccontava che già al mio primo contatto con un cane fu amore.. e fu unione in breve.  “Intuitus eum , amavit”. Riconosciutolo (guardandolo dentro),  lo amò. Dio riconobbe l’Uomo..  ed io amo pensare che Dio ci abbia donato il cane perché esso sa amarci guardando dentro di noi , oltre tutte le nostre storture , oltre tutti i nostri disturbi della personalità.., là dove tutti gli uomini sono uguali, nella loro essenza di creature.  La mia storia cinofila poi è in rete.. la trovate semplicemente scrivendo il mio nome su un motore di ricerca, ma la mia storia d’amore per il cane, la mia storia di cinofilo.. dunque, quella spero di averla fatta immaginare al lettore,  attraverso la scintilla che l’ha generata.

Di quali specialità cinofilo-sportive ti occupi ed in che modo affronti il lavoro coi cani? Hai un metodo specifico o magari ti adatti alle esigenze del momento? Hai preferenze di razza per il lavoro sul campo oppure no? Se sì, puoi spiegare le ragioni?

In generale cerco di occuparmi comunque, e prima di ogni altra cosa, della relazione che debba sottendere a qualsiasi attività che veda l’uomo interagire col cane. Nello specifico potrei dire: dello sviluppo delle acquisizioni degli scambi semiotici tra uomo e cane,  che sono l’ontogenesi di una specie animale che Neruda aveva meravigliosamente descritto come un animale a sei zampe e una coda..  Però cerco di farlo rammentandomi della necessità di rispettare l’alterità del cane, la sua essenza, cioè,  di “altro fuori da noi” . Non voglio che il cane diventi per me una “protesi identitaria”, così come mi sforzo di far sì che tutti coloro che vengono da me con il loro cane,  imparino a riconoscere i loro (pur  “eventuali”  s’intenda.. n.d.a.) disturbi proiettivi di tipo narcisistico o reificato, e che  comprendano  per contro l’opportunità di non antropomorfizzare, né tanto meno umanizzare, il proprio cane.  Credo nella corrispondenza biunivoca dello sguardo tra uomo e cane come scintilla di un momento  relazionale che possa essere prodromico alla comunicazione. Insomma credo che l’incrociarsi degli sguardi tra uomo e cane sia alla base di ogni forma di comunicazione possibile, e che qualunque “esercizio” di qualunque disciplina , dovrebbe poggiare su una relazione mediata dall’intesa. E’ per questo che mi piace l’utilità e difesa, soprattutto nella sua espressione moderna, fatta di esercizi, si, ma anche di attenzione all’equilibrio dinamico del rapporto. L’ambito dei cani da soccorso , di protezione civile e l’ambito della Pet Therapy, hanno poi riempito il “crogiolo” delle mie esperienze, ma non l’hanno colmato.. e non credo che sarà mai colmo , neanche tra sessant’anni.. Lavoro con ogni cane che giunga da me, dal Chihuahua al Pastore del Caucaso passando ovviamente anche per il più singolare tra gli incroci, nel meraviglioso caleidoscopio che questa specie ci consegna attraverso i soggetti  “meticci”  più vari. Credo che un professionista si riconosca dalla capacità di saper lavorare con ogni cane, benché, paradossalmente,  è  lavorare con  ogni proprietario... l’impegno più arduo di un buon educatore/istruttore/addestratore.

Come vedi questa continua guerra tipicamente italiana fra tradizionalisti e gentilisti? Non pensi che sarebbe meglio unirsi tutti per il bene dei cani e non restare ognuno per sé per il bene del marketing o delle proprie ideologie?

Preferirei non dare giudizi etici di sorta, ma rimettere al Lettore questa possibilità, non prima però di averVi consegnato  il mio  approccio filologico alla lettura di questa diatriba che oscura la luce della ricerca:

<< La dottrina dei tropismi, in sintesi,  individua le risposte in relazione agli stimoli esterni, quali -reazioni direzionali - .

La direzione assume la codificazione di tropismo positivo quando è rivolta alla sorgente dello stimolo e di tropismo negativo quando si estrinseca nell’antitetica direzione, assumendo l’espressione definita “evitamento”.

Ma se l’uomo si fosse servito della scienza per la scienza.. questo sarebbe stato il punto d’inizio per capire, mentre per molti versi questa teoria è stata, inopinatamente, l’inizio dell’incomprensione culturale che ha portato in sé il germe della fine dell’approccio dialogico; infatti “l’ereticale” approccio di coloro i quali hanno attribuito una connotazione morale ai termini  -positivo (tropismo)- e –negativo (tropismo) -,  ha dato il là alla contrapposizione tra “supposti” concetti di bene e male. Il “bene” ed il “male” ,  tradotti surrettiziamente  da qualcuno (eufemisticamente intellettualmente poco onesto.. n.d.a.) nello scontro  tra un presunto (e inesistente n.d.a.) “metodo classico” ed un  “metodo gentile” (pretestuosamente antagonista del male n.d.a.) . Più in generale queste due categorie sono state estrapolate da un altro assai più vasto e per tanto assai più dirompente conflitto che è quello tra i difensori dell’animalità e quelli dell’animalismo.  Tornando per ora alla “nicchia” dei nostri amati cani,  la cosa peggiore della pretestuosa guerra tra tradizione ed innovazione è che se tra i sostenitori della (questa si esiste invece n.d.a.) “vecchia maniera” (eufemisticamente obsoleta n.d.a.)  non è prevalso il buon senso dell’ascoltare col cuore e con la mente il cambiamento dei tempi e le acquisizioni che hanno riletto i comportamenti dei cani alla luce delle possibilità cognitive che questa specie si è scoperto possedere, dall’altro lato tra i sostenitori del “metodo gentile”  l’intento (sacrosanto n.d.a.) di spazzare via i retaggi insensatamente machisti della “vecchia maniera” , ha coinciso con un tentativo di epurazione della opposta frangia , se possibile più violento.. della violenza giustamente aborrita con sdegno, di cui questa “vecchia maniera” era purtroppo talvolta pregna. Così  l’inesistente metodo classico ed il supposto metodo gentile sono divenuti  per i sostenitori delle due espressioni, reciprocamente tesi ed antitesi della verità.. là dove di chi ha opposto sterile proterva resistenza al felice cambiamento dei tempi e della conoscenza, lo ha fatto molto spesso semplicemente per difendersi dalla gogna dell’ostracismo lanciato da quella frangia del gentilismo che anziché auspicare la conversione (culturale n.d.a.) ha condannato al rogo (sempre culturale..) tutti senza distinzione, anche chi pure, ed erano i più,  l’amore per il cane non l’aveva invero mai tradito  con la violenza. E dall’altra parte i sostenitori del “metodo classico” si sono trincerati dietro i muri del valore dell’esperienza in campo (che non funziona però a scatti di quantità, ma di qualità semmai..) arroccandosi alle volte anche su posizioni indifendibili.. anche per gli osservatori più moderati.  >>

In qualità di ex ‘controllore’ dell’ENCI cosa hai proposto per migliorare l’attuale situazione? Cosa è andato o sta andando in porto?

Non so se il ruolo che ho avuto possa realmente essere definito di “controllore”, perché l’ENCI è strutturata in maniera così articolata.. da avere bisogno di un Consiglio Direttivo di quindici elementi e di una serie di altre figure, quanto di vari uffici , commissioni etc.   che annoverano molte, ..molte teste al loro interno. E per altro questo appare, e certamente è , sano principio democratico generato dalla necessità  di debellare sul nascere  ogni germe di despotico autoritarismo. Ma naturalmente ciò vuol dire anche che non possa esistere un controllore omnisciente,  ed ovviamente anche se esistesse, questa condizione sarebbe ben lungi dalle mie possibilità intellettive ed intellettuali verosimilmente.. Allora ho potuto fare ciò che mi è stato dato dalle conoscenze acquisite nei miei ambiti esperienziali. E’ stato credo buon risultato modificare in maniera radicale il vecchio regolamento Nazionale delle prove di lavoro, inserendo non semplici cambi di esercizi, ma mutamenti radicali nei concetti d’applicazione, che hanno reso la disciplina Utilità e Difesa , spiegata secondo parametri moderni ed allogata in una dimensione puramente sportiva e non più ancorata all’obsolescenza del cane da difesa come era visto un tempo, poiché per altro rammento al Lettore essere oggi vietata per legge ogni forma di addestramento volta ad esaltare l’aggressività dei nostri cani. Rimando il Lettore alla lettura del nuovo regolamento della classe esordienti da me concepito, per comprendere la dimensione di questo mutamento concettuale. Inoltre ho potuto riferire ad i tra Ministri che ho incontrato nel corso del mio mandato (od ai Loro Gabinetti) quanto da  me concluso sul mondo dell’Allevamento e dell’Addestramento  Cinofilo, e che consiste in una relazione reperibile in rete e della quale, per esigenza giornalistica, riporto solo una mia chiosa scritta su un noto social network :

“ Il mondo dei cani è l'epitome dei disturbi di personalità e sin qua nulla di nuovo. Ma oltre ad essere l'epitome delle connotazioni autoreferenziali dell'ego, adesso più che mai è l'epitome delle connotazioni autoreferenziali di supposti paradigmi di professionalità, che il più delle volte si estrinsecano in "imperdibili" diatribe intellettualoidi, quasi sempre a sfondo sarcastico-didascalico-sofistico volte a denigrare l'altro per perorare la propria causa con mirabolici concetti cinotecnici dei supposti professionisti (e non solo..). Ora siccome sul bene e sul male sin dai tempi.. abbiamo preteso di mangiare il frutto della conoscenza e siccome comunque tale dualismo ontologicamente giungerà sino alla fine del tempo, ma siccome sino a prova contraria un professionista è colui il quale è in regola con l'erario e con gli enti di previdenza sociale, io passerò dall'atarassia all'impegno che profonderò con ogni mia forza, non certo per il discernimento sul bene e sul male, ma almeno sui furbi.. Perché pagare le tasse ed avere una regolare partita IVA mi costa tanti di quei soldini l'anno, che il pensiero che devo toglierli a mia figlia mentre altri sguazzano nel paradiso dell'elusione fiscale ma continuano a voler essere chiamati ed a professarsi "professionisti", ha colmato la misura. E quando la misura è colma piove per tutti.”

La pioggia.. s’intenda sarà una nuova Legge che spero il Legislatore s’impegni a promulgare per porre fine agli scempi.

Anche tu, come me, hai scritto un libro il cui titolo è ‘L’io e il cane . Io, naturalmente, l’ho molto apprezzato, perché interessante e scritto in maniera molto chiara. Puoi spiegare ai lettori di Cinofili Stanchi di cosa tratta?

Ne “L’io e il cane” c’è tutto quello che ho appreso in questi primi vent’anni di cinofilia.. Ma proprio tutto.., sentimenti , emozioni, conoscenza didascalica e conoscenza spirituale degli accadimenti. C’è la mia ricerca interiore e la mia ricerca cinotecnica. Insomma ci siamo io ed il cane, ma dove ” io , autore” mi sono messo di lato per raccontarmi solo -di profilo- , tentando di occupare il meno spazio possibile,  per lasciare il ruolo preminente all’ “ Io “ di ognuno di noi, senza la pretesa però di consegnare acquisizioni nomologiche di alcun tipo , ma solo il risultato dell’onestà intellettuale (almeno) di una vita di ricerca.

Veniamo ora alla tua attuale battaglia personale che io personalmente condivido. Parlo della tua iniziativa di costituire un sindacato dei cinofili per portare avanti proposte di legge a favore della cinofilia in Parlamento. Ce ne puoi parlare in maniera dettagliata?

Alla prima parte di questa domanda ho risposto poco fa , ma in corsivo riporto le motivazioni che mi spingono alla creazione di un sindacato:  pagare le tasse ed avere una regolare partita IVA mi costa tanti di quei soldini l'anno, che il pensiero che devo toglierli a mia figlia mentre altri sguazzano nel paradiso dell'elusione fiscale ma continuano a voler essere chiamati ed a professarsi "professionisti", ha colmato la misura. Circa il Disegno di Legge che ho preparato, posso dire che un Parlamentare Regionale Siciliano lo ha fatto suo adeguandolo alla realtà Siciliana (ricordo al Lettore che siamo una Regione a Statuto Speciale) presentandolo all’ARS e potrete trovarlo in rete. Un DDL Nazionale è invece nelle mani di un Parlamentare Nazionale che lo ha affidato all’Ufficio Legislativo del suo partito per le correzioni necessarie perché possa essere presentato in breve, sempre che il Governo regga…

In riferimento all’episodio di Striscia la Notizia del marzo scorso, parlo del video in cui si vedono degli addestratori usare il collare elettrico sui cani, come è secondo il tuo punto di vista la situazione in Italia? C’è la possibilità di instaurare maggiori controlli in modo che chi è iscritto all’albo ne rispetti il codice etico e chi non lo fa sia allontanato per sempre dai campi cinofili?

Nelle prove di IPO a me tanto care , i regolamenti sono cambiati così da indurre a più miti consigli i fautori di metodiche d’addestramento “sbrigative”, penalizzando notevolmente nel punteggio tutte quelle espressioni dei cani in gara che possano far trasparire segni di evidente sottomissione a causa di dinamiche d’addestramento coercitive. Segni di  eccessiva sottomissione sono considerati i segnali di calma e di stress , quali potrebbero essere solo per fare qualche esempio pratico al lettore, l’alzare la zampa con deferenza al cospetto del proprio conduttore stando seduto davanti a lui, quanto lo sbadiglio come segnale manifesto di stress, così come  il portare le orecchie all’indietro o la coda ferma e bassa. Questi esempi devono indurre un giudice attento a ritenere scarso o nullo il piacere del cane al lavoro col proprio conduttore, penalizzando come detto il risultato del binomio in termini i punti e qualifiche (sintesi di giudizio n.d.a.). S’intende che tale penalizzazione non ha solo il senso matematico correlato ad una sterile attribuzione di punteggi, ma ha un senso ben più importante che è quello di voler disincentivare ogni metodica d’addestramento basata sull’inopinato utilizzo di sistemi coercitivi. Per intenderci, soltanto per fare l’esempio più eclatante,  questo è ciò che è avvenuto quando si è compreso che il collare elettrico, strumento balzato al “disonore” delle cronache grazie ad i servizi choc del programma televisivo assai noto in Italia “Striscia la Notizia”, veniva usato da una frangia di “sportivi” un tempo assai esigua, poi via via sempre più numerosa (ma oggi in enorme costante decremento n.d.a.)  come strumento d’addestramento per ottenere prestazioni più precise e più rapide dai cani, facendo  leva proprio sulle dinamiche del condizionamento classico intersecate con la risposta volontaria di evitamento. Così infatti era possibile ottenere “sbrigativamente” esecuzioni rapide e precise di esercizi come il terra tanto per fare l’esempio più immediato. Una volta insegnato il terra magari smanacciando il cane sulla testa una frazione di secondo dopo l’utilizzo del comando di riferimento, era possibile sostituire alla manata l’impulso elettrico, così da indurre nel cane il medesimo comportamento volontario di evitamento, al semplice comando terra, senza però che il conduttore dovesse fare più uso però di alcuna gestualità basata su movimenti del corpo di sorta. S’intende che per evitare almeno gli - sfaceli - legati alla “paura pura” generata da una correzione non riconducibile ad alcuna azione ( all’evidenza.., almeno per il cane n.d.a. ) del proprio conduttore, e dunque concettualmente “incomprensibile”  come lo sarebbe per noi l’essere spintonati da un fantasma ad esempio,  tale intervento, nella espressione meccanica, doveva essere comunque stato in precedenza perfettamente “assimilato” dal cane attraverso una serie innumerevoli di interventi manuali, e attraverso tali interventi, doveva essere già stata appresa la risposta volontaria di evitamento, correlata (il mettersi a terra da parte dl cane). Il cane partendo infatti dal riflesso involontario di paura, comprendeva che l’assumere la posizione di terra o di seduto, solo per fare due esempi semplici, costituivano la soluzione per “evitare” ogni dolore.  Questo rendeva le esecuzioni più rapide e precise accorciando i tempi dell’insegnamento, e tali correzioni soprattutto, non abbisognavano più di alcun intervento manuale del conduttore (impossibile in gara pena la squalifica) ma lasciavano nel cane chiari segni d’inopinata sottomissione. Tutto ciò sino a quando dall’alto.. non siano stati cambiati i regolamenti per la presa di coscienza dei vertici della cinofilia e della cinotecnia ufficiale, sospinti al cambiamento anche dalla necessità di dar seguito alle istanze di rinnovamento provenienti da quella parte dell’opinione pubblica sensibile al tema della tutela dei diritti degli animali e del loro benessere. E’ stata dunque questa rivoluzione culturale sul tema degli animali, il prodromo di questi epocali cambiamenti che ha riguardato questa parte della cinofilia. E questo non è accaduto soltanto nel mondo dei cani, ma in molti altri mondi, passando  dal mondo degli animali del circo a quello delle balene e della loro caccia magari, ma comunque, pur su scale diverse, tutto nel senso del rispetto dell’ecologia nel senso più ampio del termine. Per fare un esempio vicino al mondo della cinofilia , potremmo guardare anche a ciò che è successo  nel mondo dell’equitazione. Un tempo i cavalli utilizzati nella splendida quanto difficile disciplina del salto ad ostacoli, erano cavalli piuttosto rustici. I quali però molto spesso abbattevano le barriere nonostante i rinforzi negativi dati (forse molti si stupiranno) dalle barriere elettrificate, così come dai parastinchi chiodati magari. E lo si poteva riconoscere un cavallo così addestrato, poiché magari saltando sgroppava in maniera evidente, come riflesso involontario dato dalla reazione di irritazione legata  ai reiterati allenamenti basati sui rinforzi negativi predetti . Così venne il tempo di utilizzare per queste discipline cavalli più nevrili , atleticamente più dotati , ma soprattutto così tanto più sensibili da non poter far pensare di poter essere addestrati con i mezzi succitati. E questo è più o meno ciò che è successo anche con i cani. Dacché in un podio ad un mondiale di addestramento si presentarono tre cani con la museruola, si percepì che probabilmente ci si era spinti troppo oltre con l’utilizzo di soggetti sempre più aggressivi. Fu infatti assai singolare vedere i migliori tre cani della manifestazione, che per concetto avrebbero dovuto anche essere i tre soggetti più “sotto controllo” dei proprietari perché meglio addestrati secondo l’esito della gara, aver bisogno di mettere una museruola per salire su un podio, per la stretta distanza con altri due uomini e con altri due cani . Questo, che fu solo un episodio, diede comunque inizio, a mio giudizio, ad una svolta epocale che avrebbe ridisegnato il senso di questa meravigliosa disciplina sportiva , restituendo  cani più docili e più gestibili a delle manifestazioni, che pur mantenendo il significato della selezione del cane da difesa, si sarebbero in seguito orientate alla ricerca di un cane da difesa “sportiva”. In sostanza oggi il cane da IPO ha più le caratteristiche di un karateka con tutto il corollario della disciplina interiore ed esteriore che tale arte marziale contempla, piuttosto che le caratteristiche dello “street fighter”, cioè di un combattente con poche regole e tanta aggressività da sfogare. Ma perché ciò accadesse  ci sono voluti anni di selezione attenta da parte di allevatori appassionati, per stemperare gli ardori legati all’aggressività interspecifica, a favore della selezione di soggetti sempre più docili, equilibrati sicuri di sé e soprattutto “costruiti” sul pilastro di una eccezionale pulsione predatoria, prima e con maggior forza, che sul pilastro delle doti aggressive.

Infine, cosa consiglieresti ad un lettore di Cinofili Stanchi che si appresta per la prima volta a vivere con un cane in famiglia? Che fare se si tratta di un cucciolo o di un adulto?

Non mi è bastato un libro per scrivere su questo. E non mi è bastato, a dire il vero, neppure il mio secondo libro, che ho appena terminato di scrivere.  Come potrei rispondere in poche righe..? Però posso ricordare al lettore che l’Amore per un cane non è fatto solo di purezza di sentimenti.. Non basta amare i cani per rispettarli nella loro essenza di esseri senzienti. L’amore è fatto di purezza di sentimenti si,  certo, ma anche di etica oggettiva ed etica relazionale. E l’etica relazionale dice che bisogna rispettare questo animale come altro fuori da noi, così come i nostri figli sono altro fuori da noi e non possiamo pretendere che siano il risultato dei nostri desideri “proiettivi” o peggio del nostro volere, nonostante la metà del loro patrimonio genetico almeno , sia il nostro. Infine per amare occorre tanta volontà.. Ed il primo e più grande sforzo di volontà da fare con i nostri cani è quello della loro conoscenza,  come ci suggerisce anche la lingua Ebraica , nella quale “fare l’amore” si dice “dahat”, ma che, letteralmente, significa “conoscere”.. Fate lo sforzo di conoscere i Vostri cani, ma ricordatevi che “non l’erudizione educa la mente”, per cui non sarà né la più dotta delle pubblicazioni cinotecniche, né, tanto meno, il più ispirato dei libri di cinofilia a consegnarVi i segreti della relazione con essi, ma solo l’onestà intellettuale della Vostra ricerca.  E  se sarete fortunati infine, il tempo che vivrete con essi Vi farà desiderare di guardare gli uomini e vederli come ci vedono i cani: tutti uguali..

Giovanni Giacobbe Giacobbe

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