Saggi > Saggi di Giovanni Giacobbe dell'anno 2013

Primati e canidi

Perché dovrebbero intendersi? Nel caso dell'uomo e del cane parrebbe essere l'empatia il collante. O forse più propriamente dovremmo far riferimento alla neocorteccia di questi due animali superiori, e quanto legato alle dinamiche dell'affettività, sotto l'egida di essa . Ma c'è da preoccuparsi, perché neocorteccia non si traduce come qualcuno potrebbe auspicare in dinamiche intellettuali dove far valere la posizione di animale superiore dell'uomo. Tant'è che un rozzo “pecoraro” (pastore di pecore n.d.a.) può non essere da meno di un campione del mondo di una qualsiasi disciplina cinoagonistica, nel gestire il proprio cane. Il “pecoraro” come qualcuno che ho avuto la fortuna di conoscere, un uomo vicino a quei paradigmi istintuali che hanno segnato l'unica espressione possibile del rapporto uomo-cane, sino a quando l'erudizione che troppo spesso pensa di poter educare la mente da sola, non abbia preteso di far acquisire l'istintualità madre del carisma comunicativo, vero fulcro dell'afflato possibile tra uomo e cane, carpendola dai libri, piuttosto che vivendola sul campo . Sino a quando l'uomo cioè, sempre fiero di aver acquisito il frutto della conoscenza del bene e del male.., non abbia piegato quest'istintualità a troppe sovrastrutture psicologiche figlie di un'etica più antropomorfa che etologica. Sino a quando l'uomo non abbia deciso di sostituire la supposta conoscenza dei valori etici, ad una più vera, più alta ed invero già scritta ed immutabile gerarchia etica organica.. dei valori. E un “pecoraro” non ha bisogno di alcuno strumento.. Solo le mani. Ed io per molto tempo ho commesso l’errore di affidare agli strumenti la possibilità di colmare il gap. .del carisma comunicativo. Carisma comunicativo che è dato dall’intelligenza “naturalistica” (così la chiamano) , cioè l’intelligenza che sovraintende alla capacità di interazione con gli altri esponenti del regno animale, propria di ciascun essere umano nelle quantità che Dio ha stabilito per ciascuno, mischiata alla coordinazione neuromuscolare, ed anche all’intelligenza emotiva. Non è una cosa semplice, direi, poter possedere un cane quindi.. Anzi possederlo si forse, nel senso di esserne proprietari, il che non equivale ad esserne padroni.. Ecco che oggi se mi guardo dentro e se guardo indietro (senza andare molto indietro nel tempo devo ammettere) mi rendo conto di essere stato poco onesto con me stesso per non aver saputo rinunciare alla strada che mi doveva permettere di diventare un addestratore di cani quando avrei dovuto avere la forza di essere un addestratore di proprietari.. di cani . Così adesso preferisco dire che.. nella vita addestro cani.. che è veramente molto più umile che pensare di dire: sono un addestratore di cani. Era il tempo in cui trasformavamo quest’arte in un mestiere. Un’arte che ti impegnasse l’intera giornata con mente e corpo doveva essere remunerata , pena il crollo della passione davanti ai bisogni della vita e pena la morte della ricerca per quanto empirica. Così nella difficile conquista di un posto nel mondo del lavoro.. abbiamo venduto soluzioni a gente che voleva comprarle rapidamente. Era il pressappochismo culturale d’un tempo. Di cultura cinofila s’intenda. Era il tempo in cui non esisteva ancora la parola benessere. Non il concetto, perché quello è nato con la cinofilia.. ma la parola “benessere”
quale locuzione che descrivesse quest’idea articolabile in mille variabili invero, in un’unica “espressione d’intenti”. Così fummo separati dalla nostra istintualità per il dover vendere soluzioni a chi a tale istintualità non avrebbe mai potuto giungere così come a quella disposizione d’animo e corpo.. chiamata semplicemente “carisma comunicativo”. Ma non importava purtroppo.. dovevamo trasformare i cani da monelli a buoni.. Che stortura.. Avremmo invece dovuto fare cultura cinofila, ma cosa sarebbe successo se avessimo detto agli avventori d’un tempo guardi Lei non è proprio in grado.. oppure più benevolmente” guardi Lei pecca di carisma comunicativo o di scarsa intelligenza cinestesica..” Io temo di poter dire che non avremmo nulla di quello che abbiamo oggi; la cultura cinofila ed il benessere del cane sono
paradossalmente il frutto anche del tempo del pressappochismo. Oggi la cinofilia è uno stipendificio, diciamoci la verità, anche per molti indefessi detrattori che hanno dimenticato di non essere stati tra quei traghettatori del rapporto con i cani che realmente si sono sporcati le mani coi cani, madidi di sudore come chi zappa la terra. Oggi per fortuna il proprietario di cani medio approda a questo connubio dopo essere passato attraverso l’informazione attiva o passiva a volte, fatta di campagne di sensibilizzazione che certo vent’anni fa non esistevano e che pure certo hanno fatto pagare (per fortuna comunque) al sistema sbrigativo d’un tempo, l’onta delle umiliazione perpetrata da chi volendo fare il bene del cane ha cavalcato l’onda di una altrettanto sbrigativa demonizzazione di un’intera categoria, facendo passare il messaggio che stanasse i traditori del cane attraverso il marchio degli strumenti da essi utilizzati. Ma io c’ero.. Ho visto tutto. So com’è andata.. Oggi mi dico fieramente che posso fare a meno di tutto, poiché ho la forza di poter dire serenamente ad un proprietario tutta la verità sul suo binomio, su di lui e sul suo cane cioè.. Ma sono
diventato grande.. Non ho più paura di perdere “un cliente” per non essere in grado di vendere la rapida soluzione che un tempo sapevo essere il suo unico obiettivo. Oggi grazie al gentilismo io sono cresciuto, ma non grazie a ciò che ho imparato da questa corrente, ma grazie al fatto che questa visione che rispetto , ha profondamente mitigato le pretese dei proprietari di cani, che hanno imparato a scoprire il proprio cane come essere senziente , ed hanno così “regolato” i propri investimenti libidici sul cane , quanto le loro aspettative legate ad esso. Certo ciò non è stato panacea d’ogni male , poiché l’uomo c’ha messo poco a debordare nell’opposto dell’approccio reificato , sconfinando nell’approdo narcisistico che con la più subdola delle violenze trasforma il cane in una “protesi identitaria”, ma non si può dire che il gentilismo non abbia creato il presupposto per equilibrare la bilancia del rapporto uomo-cane. Ma nonostante io abbia fatto la mia scelta , da qua a tradire la fatica degli anni passati magari anche a sbagliare, ma a ricercare la verità, ed a tradire dunque l’onestà intellettuale della certezza che non tutti i binomi possano reggersi sull’impalcatura di un equilibrio costruito su una pettorina o su un collare di pelle, questo no.. non posso farlo. Perché questo semplicemente non è vero. E’ vero che io ho scelto di provare a creare padroni di cani forti della “consapevolezza” del loro carisma comunicativo, fosse anche della consapevolezza dei loro limiti ineluttabilmente invalicabili in relazione al proprio cane, ma non mi vergognerò di rinunciare al mio imperativo di provare ad evitare un collare a scorrimento, quando riconoscerò un amore piegato incolpevolmente dalle leggi della fisica. Poiché negli anni ho visto “vettori” a quattro zampe averla vinta sulla minor forza vettoriale di padroni innamorati ma costernati; se la virtù degli strumenti è veramente relativa all’appropriato utilizzo, piuttosto che rinunciare a vivere la libertà dell’amare il cane quanto lui non voglia vivere la libertà dell’avere a fianco un padrone che sappia guidarlo verso la vita, starà a me insegnare a quest’ultimo tutto ciò che ho imparato per non concedere ad un semplice strumento di essere la mia relazione col cane.

Giovanni Giacobbe Giacobbe

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